Una breve, brevissima settimana alle Lofoten

È trascorso più di un mese, ma è sempre piacevole ricordare momenti e immagini rimasti impressi nella mente. Davide Crescenzio, guida alpina Xmountain, ci racconta la settimana trascorsa alle isole Lofoten, tra scenari mozzafiato e sciate da urlo.

“I primi due giorni sono stati poco incoraggianti, a causa del tempo brutto e di una pioggia sottile ma incessante che sembrava non accennare a smettere. Ma invece – e per fortuna – dal terzo giorno il tempo è cambiato repentinamente e le temperature sono scese sotto lo zero.

Risultato? Un manto nevoso strepitoso, con uno strato di neve fresca impalpabile e polverosa, che cresceva di ora in ora. Le gite dei due giorni successivi si sono svolte praticamente sotto bufere di neve alternate a momenti di quiete e questo continuo cambiamento rendeva l’ambiente ancora più suggestivo, ma anche più impegnativo!

Gli ultimi due giorni, finalmente, sono stati piacevolissimi: il tempo è migliorato decisamente e lo scenario che si apriva ai nostri occhi era straordinario per bellezza e unicità. Siamo riusciti a fare delle discese stupende in pendii vergini con una neve da sogno.

La mattina della nostra partenza il cielo era limpido e così abbiamo potuto rivedere le gite della nostra settimana qui. Come a volerci dire: tornate, perchè non avete visto, né sciato abbastanza!

Mi tocca ritornarci. Venite con me?”
Davide Crescenzio

Alpamayo: la montagna più bella del mondo

Alpamayo: dicono che sia la montagna più bella del mondo. E a guardarla si capisce benissimo perché: una piramide quasi perfetta, che svetta tra le montagne delle Ande peruviane con i suoi 5947 mt.

Da sempre, la Cordillera Blanca è meta ambita di numerosi alpinisti che sognano di scalare le sue vette. Situata nella regione di Ancash, è la catena montuosa tropicale più alta del mondo, con i suoi 180 km di estensione in direzione nord-sud, formando una divisione naturale tra il versante occidentale delle Ande e quello orientale.

Tutta la Cordillera è protetta dal Parco Nazionale di Huascaran, che comprende 663 ghiacciai, 269 laghi e 41 fiumi, oltre a 33 siti archeologici ed è stata riconosciuta nel 1985 come Patrimonio Naturale dell’Umanità. Fu proprio l’UNESCO, nel 1966, a definire l’Alpamayo la montagna più bella del mondo, in occasione della prima ascensione alla via principale, in quell’anno. Nel 1975 i Ragni di Lecco aprirono la via Ferrari sulla parete sud-ovest, mentre la direttissima via francese è stata aperta solo nel 1993.

Il 7 agosto 2015, alle ore 7.30, io e Francesco raggiungiamo la vetta dell’Alpamayo. La linea di salita scelta è stata la diretta dei francesi, tecnicamente più lunga ed impegnativa della classica e conosciuta via dei Ragni (non più percorribile a causa delle frequenti scariche di ghiaccio). L’attacco della via dei francesi lo si raggiunge dopo 1 ora circa di cammino dal Campo 1 (5300). Raggiunta la terminale ci si lega e si comincia ad affrontare il primo terzo di salita, salendo pendii da 55° a 60°.

A stagione inoltrata, già da metà parete si trova ghiaccio vivo, i tiri si susseguono, la progressione è veloce e divertente, con pendenze fino a 65/70° fino agli ultimi 2 tiri, dove la nostra linea segue una canaletta che offre una scalata spettacolare in un diedro di ghiaccio. Con pendenze sempre più ripide – 80 gradi – si raggiunge la cresta finale ripidissima ed esposta. La cima è la cresta, non ci si può muovere, si aspetta il compagno, ci si abbraccia, la foto di rito e poi giù in corda doppia. A stagione inoltrata è facile reperire abalakov o corpi morti precedentemente lasciati: ovviamente vanno testati e rinforzati, prima di cominciare ogni calata.

Una salita di grande soddisfazione!

Himlung Himal, 7126 metri: l’esperienza di Luca Montanari e Giorgio

Giorgio, classe 1951, una smisurata passione per la montagna e un grande sogno nel cassetto: salire una montagna di 7000 metri in Himalaya. Domande, curiosità, dubbi, ripensamenti, di nuovo domande, fino a quando, qualche mese fa, decide di contattarmi.
Mi racconta le sue esperienze in montagna, mi spiega il suo obiettivo e mi chiede di vederci al più presto, per capire bene cosa potrebbe essere in grado di fare. E’ carico ed entusiasta, ma anche molto curioso.

La sua richiesta è chiara: scalare un 7000. A me spetta la decisione di scegliere quello più adatto a lui e alla sua preparazione. Mi metto subito al lavoro, alla ricerca di un 7000 che non sia troppo “impegnativo” e che non abbia pericoli oggettivi troppo elevati. Mi confronto con il mio collaboratore nepalese e insieme valutiamo delle proposte, tutte molto interessanti.
Finalmente conosco Giorgio e resto colpito dal suo carattere, dalla sua pacatezza che ben si sposa con la decisione e la determinazione nel voler perseguire il suo obiettivo. Valutiamo alcune salite e alla fine scegliamo la montagna che sembra avere le caratteristiche che cerchiamo: è l’Himlung Himal, 7126 metri di quota, nella regione del Manaslu.

Dal nostri primo incontro, avvenuto a marzo, ci rivediamo per acquistare il materiale idoneo e per fare alcune uscite sulle Alpi in preparazione del settemila.
Arriva il giorno della partenza: seduti uno accanto all’altro, voliamo verso le montagne dell’Himalaya, entrambi emozionati per l’avventura che sta per cominciare.
A Kathmandu incontriamo Riccardo, alpinista italiano, e Julio Phan, un ragazzo vietnamita entrambi parte della spedizione della quale io sono a capo.

Himlung Himal, 7126 metri

Dopo aver trascorso due giorni a Kathmandu, partiamo per il trekking di avvicinamento diretti verso la regione del Manaslu. Il trekking è davvero suggestivo, attraversa posti poco battuti dai trekkers e quindi ancora più selvaggi e misteriosi, che si fanno via via più brulli man mano che ci avviciniamo al confine tibetano. Lungo il percorso incontriamo pochissimi lodge e pernottiamo prevalentemente nelle the house, case di pastori nelle quali pranziamo e con un alloggio attiguo dove dormire.

Dopo 4 giorni arriviamo in prossimità del campo base e già possiamo scorgere la vetta della “nostra” montagna: una piramide perfetta con una bella cresta che si staglia verso il cielo, perennemente battuta dal vento.
Al campo base ci sistemiamo nelle nostre tende personali. Il nostro staff (cuochi, portatori e sherpa) provvede a tutti i nostri bisogni nel migliore dei modi: una tenda mensa con una grande quantità e varietà di cibo, una stufa per cenare al caldo, la tenda doccia per i più “temerari”: il tutto a una quota pari a quella della vetta del Monte Bianco!

Dopo i primi 2 giorni al base, inizia l’acclimatamento alla quota. Io e Giorgio iniziamo a salire per la prima volta ai campi alti. Ma prima di partire, prendiamo parte ad un rito a cui è impossibile rinunciare: è la Puja, cerimonia sacra per gli Sherpa, dove si prega per il buon esito della spedizione e si portano doni agli spiriti della montagna perché proteggano gli alpinisti durante la salita.

Il nostro team composto da quattro persone è supportato da tre Sherpa che ci aiuteranno nel trasporto del materiale in quota e che grazie alla loro disponibilità e simpatia renderanno le salita ancora più piacevole.
Mingma, il Sirdar (capo degli Sherpa), Dawa e Lakpa sono i loro nomi e tutti vantano innumerevoli salite su cime dai 6000 agli 8000 metri. Dopotutto gli Sherpa sono ben noti sin dalle prime salite della storia dell’himalaismo e, nel corso delle esperienze alpinistiche in Himalaya, si sono contraddistinti per la loro forza leggendaria e la loro predisposizione al freddo e all’alta quota: una vera garanzia a supporto degli alpinisti che tentano le vette di altissime quote.

Himlung Himal, 7126 metri

Dopo aver completato l’acclimamento cominciamo così a salire verso il campo 1, che raggiungiamo in 3 ore circa. Il tempo è bello e le buone condizioni ci accompagnano anche verso la salita al campo 2, posizionato sul ghiacciaio a 6100 metri. Risaliamo la parte di pietraia ripida poi, con un traverso, arriviamo sul ghiacciaio, dopo aver superato una zona un po’ ripida e crepacciata. Quando arriviamo alle nostre tende il sole è ancora alto: possiamo goderci un magnifico tramonto!

Il materiale è pronto: al calar del sole andiamo a dormire, in attesa della sveglia. Sonnecchiamo a malapena, perché l’emozione è davvero tanta.
All’una suona la sveglia. Facciamo colazione con del nescafè, biscotti secchi ed una barretta energetica. Fuori gli sherpa sono già in movimento. Usciamo, vestiti come astronauti, e subito diamo uno sguardo alla vetta. Il percorso di salita è lungo, ma tanta è la voglia di arrivare fin lassù.

Lego Giorgio, gli stringo la mano, partiamo. Ci muoviamo molto lentamente e assaporiamo ogni singolo momento della salita. Dopo circa 1 ora e un quarto di saliscendi raggiungiamo il campo 3 a 6300mt. A questo punto cominciamo un traverso su terreno ghiacciato non troppo ripido, ma esposto, dove gli Sherpa hanno piazzato delle corde fisse che ci agevolano la salita. Alla fine del traverso, un diagonale piuttosto ripido sui 60° sale in direzione della dorsale finale: qui utilizziamo le jumar per risalire le corde fisse. Il pendio è di circa 150 mt. Controllo Giorgio ancora una volta e mi assicuro che stia bene: lui mi segue al punto che devo raccomandargli di rallentare per non affaticarsi troppo. A 6500 mt la nostra corda si tende, il pendio si fa meno ripido e faticoso ma intanto Giorgio rallenta il passo. È provato, ha il fiato corto: mi dice che è stanco e ha le gambe inchiodate, che la parte di ripido lo ha sfinito. Non possiamo fermarci né bere, il vento in questo punto è molto forte,  occorre proseguire lentamente per recuperare ma stando in movimento. Proviamo a ripartire ma dopo un po’ la corda si tende di nuovo. Giorgio mi dice che è troppo stanco, dobbiamo scendere. Ho imparato a conoscerlo in questi mesi e ho capito che è uno che non molla: quindi se mi dice di tornare indietro vuol dire che proprio non ce la fa più.

Himlung Himal, 7126 metri

Torniamo indietro, nessun senso di sconfitta, né di resa: Giorgio è felice di quella sua conquista, si gode lo splendido scenario dell’Annapurna in lontananza e riusciamo anche a goderci l’alba che fa capolino sul Machapuchare, prima che questo scompaia tra le nuvole. Procediamo in discesa, con le spalle al “nostro” Himlung Himal e con mille pensieri in testa, tutti sereni, tutti positivi. Tutti in pace con la montagna che ci ha fatto sognare così tanto e che ancora continua a farci sognare.

Di questa esperienza mi porto una nuova amicizia, una nuova avventura che mi ha arricchito ancora di più e una voglia incontenibile di continuare a guidare le persone che si affidano a me attraverso salite così straordinarie, verso pendii più o meno difficili. Alla scoperta di montagne sempre nuove… e forse anche un po’ di noi stessi.

Grazie, Giorgio!
Luca Montanari

Alpamayo vs turisti d’alta quota.

alpamayo

 

7 agosto 2015, ore 7.30: io e Francesco raggiungiamo la vetta dell’Alpamayo. La linea di salita scelta è stata la diretta dei francesi, tecnicamente più lunga ed impegnativa della classica e conosciuta via dei Ragni (non più percorribile a causa delle frequenti scariche di ghiaccio). L’attacco della via dei francesi lo si raggiunge dopo 1 ora circa di cammino dal Campo 1(5300). Raggiunta la terminale ci si lega e si comincia ad affrontare il primo terzo di salita, salendo pendii da 55° a 60°. A stagione inoltrata, già da metà parete si trova ghiaccio vivo, i tiri si susseguono, la progressione è veloce e divertente, con pendenze fino a 65/70 gradi fino agli ultimi 2 tiri, dove la nostra linea segue una canaletta che offre una scalata spettacolare in un diedro di ghiaccio. Con pendenze sempre più ripide – 80 gradi – si raggiunge la cresta finale ripidissima ed esposta. La cima è la cresta, non ci si può muovere, si aspetta il compagno, ci si abbraccia, la foto di rito e poi giù in corda doppia. A stagione inoltrata è facile reperire abalakov o corpi morti precedentemente lasciati: ovviamente vanno testati e rinforzati, prima di cominciare ogni calata. Una salita di grande soddisfazione.

Oltre a tutto questo, è stato molto bello incontrare colleghi d’oltralpe, anch’essi con clienti. Nessuna differenza rispetto a noi, dunque, se non per un “piccolo” dettaglio: queste guide accompagnavano un gruppo di “turisti d’alta quota” armati di jumar, pronti a scalare l’Alpamayo. Sì, perché erano stati attrezzati ben 400 metri di corda lungo la parete. È ovvio che, con una montagna imbragata in questo modo, chi era in attesa di salire avrebbe continuato ad aspettare, fino all’ultimo saliscendi. Fino a quando la montagna non si sarebbe liberata.

Dunque, vediamo: provate ad immaginare una guida alla base della Tour Ronde che vi controlla il materiale, vi attacca le maniglie jumar, magari vi insegna anche come utilizzarle e voi non dovete far altro che seguire la fila e ripetere diligentemente i movimenti, facendovi dei selfie ogni tanto. Credete che abbia senso? E soprattutto: credete che sia giusto? Ovviamente, a prezzaccio!

Io e Francesco siamo saliti due giorni dopo l’episodio, insieme ad altre 2 cordate da 3. E ci siamo davvero goduti una salita strepitosa: 10 tiri di corda e 6 calate da fare su abalakov, utilizzo di corpi morti e viti. Un’esperienza che non vedo l’ora di ripetere, su una montagna che vale la pena scalare tante altre volte.

Ma se fossi arrivato insieme alla cordata di “turisti d’alta quota”, probabilmente quel giorno avremmo dovuto rinunciare e ci saremmo dovuti giocare l’unico giorno jolly che avevamo.

Con il rischio, in caso di maltempo, di sprecarlo e di rinunciare alla salita.

La montagna era tutta per loro: 20 persone in fila su una linea di corde fisse, per arrivare in cima. A tutti i costi.

Alpamayo, la montagna più bella del mondo.

Alpamajo

 

Alpamayo: dicono che sia la montagna più bella del mondo. E a guardarla, si capisce benissimo perché: una piramide quasi perfetta, che svetta tra le montagne delle Ande peruviane con i suoi 5947 mt.

Da sempre, la Cordillera Blanca è meta ambita di numerosi alpinisti che sognano di scalare le sue vette. Situata nella regione di Ancash, è la catena montuosa tropicale più alta del mondo, con i suoi 180 km di estensione in direzione nord-sud, formando una divisione naturale tra il versante occidentale delle Ande e quello orientale.

Tutta la cordillera è protetta dal Parco Nazionale di Huascaran, che comprende 663 ghiacciai, 269 laghi e 41 fiumi, oltre a 33 siti archeologici ed è stata riconosciuta nel 1985 come Patrimonio Naturale dell’Umanità.

Fu proprio l’UNESCO, nel 1966, a definire l’Alpamayo la montagna più bella del mondo, in occasione della prima ascensione alla via principale, in quell’anno. Nel 1975 i Ragni di Lecco aprirono la  via Ferrari sulla parete sud-ovest, mentre la direttissima via francese è stata aperta solo nel 1993.

Mi preparo a vivere questa nuova avventura, ancora una volta con Francesco, dopo aver condiviso insieme a lui le salite del Muztagh Ata nel 2012 e  dell’Ama Dablam nel 2013. Un cliente, che in questi anni è diventato un compagno di cordata, un amico. Sì, perché questo è uno dei poteri più straordinari che tutte le montagne del mondo possiedono: esse fanno in modo che le persone che le amano, si incontrino.

E si riconoscano, lungo la salita che porta alla vetta.

Sulla vetta del Cho Oyu.

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Siamo in cima! 8201 metri, sulla sesta montagna più alta del mondo, un sogno che si è avverato!

Sto rientrando a Kathmandu. Lì potrò avere una buona connessione ed inviare foto. Vi racconterò tutto nei minimi dettagli.

VERSO LA VETTA.

Oggi, 24 settembre, è l’ultimo giorno di meritato riposo, dopo essere rientrati dal C2 ed aver completato l’acclimatamento. Ho riposato abbastanza, ho mangiato bene e fisicamente mi sento in forma. Continuo a guardare questa enormità e intanto ripasso mentalmente il piano che abbiamo messo giù insieme a Luciano, Samuele, Bogdan, Alberto, Alice ed altri alpinisti stranieri che saliranno domani, insieme a noi, mentre Massimiliano resterà al base.

Questi 4 giorni di riposo ci sono serviti per recuperare le forze e riordinare attrezzature ed idee.

Il piano è raggiungere il campo 1 nella giornata di domani e il campo 2 venerdì.

Si punta ad essere al campo 3 il 27, restare lì una notte e tentare la vetta il giorno successivo, il 28, domenica.

Il tempo sembra promettere bene: si prevede sereno per i prossimi quattro giorni, quindi dobbiamo giocarcela bene!

Io sono pronto.

Vi farò avere notizie al più presto!

Luca

ARRIVATI AL CAMPO 2.

Campo 2, 7100 metri.

Ho il fiato corto per la fatica, per l’aria che comincia ad essere davvero sottile, per la felicità che mi blocca il diaframma e a stento mi fa trattenere un grido di gioia. Qui è davvero bello e io ho una serenità addosso che non mi fa togliere il sorriso dalla faccia. Guardo questa montagna immensa e sorrido. Guardo i miei compagni di cordata e sorrido ancora di più. Anzi, il sorriso si fa proprio grande. Perché loro, proprio loro, stanno rendendo tutto più facile, più bello, ancora più indimenticabile.

L’ironia e la saggezza leggera di Luciano, l’entusiasmo incontenibile di Samuele, la simpatia sorniona di Bogdan, la pacatezza di Massimiliano, mi stanno dando una carica che mai avrei potuto immaginare. Io, con loro, sono già arrivato in vetta.

Speriamo che tutto vada per il meglio. Ma dentro di me, ho cominciato a ringraziare i miei compagni già dal primo giorno insieme.

Siete grandi!

Il rito della Puja.

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Oggi, 16 settembre, campo base avanzato. In questi giorni ha nevicato molto e questo ci ha impedito di salire al campo 1 due giorni fa e scendere nuovamente al base in giornata.

Ieri abbiamo partecipato al rito della Puja, una cerimonia sacra in cui gli Sherpa pregano la montagna affinché tutto vada per il meglio. Puja deriverebbe dal sanscrito e significherebbe proprio “riverenza”: durante questa cerimonia, infatti, si fa un’offerta, oppure si consegna una preghiera e, se la montagna accetterà i doni e accoglierà le preghiere, gli Sherpa e gli alpinisti potranno salire in vetta.

Anche io ho “parlato” alla montagna: ho bruciato del ginepro, pensando alla vetta e a molte altre cose che mi stanno a cuore.

Stamattina sono saliti al campo 1 Luciano e Samuele, mentre io e Bogdan li raggiungeremo domani. Se le condizioni lo permetteranno proseguiremo verso il campo 2, ma al momento è improbabile perché, a causa della neve, gli sherpa non hanno ancora montato le tende.

Speriamo che il tempo migliori. Noi però stiamo bene, il buon umore e l’affiatamento crescono ogni giorno di più.